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autore
brano
 
Cicerone
Della divinazione, II, 55
 
originale
 
55 Quid igitur aut ostenta aut eorum interpretes vel Lacedaemonios olim vel nuper nostros adiuverunt? Quae si signa deorum putanda sunt, cur tam obscura fuerunt? Si enim ut intellegeremus quid esset eventurum, aperte declarari oportebat; aut ne occulte quidem, si ea sciri nolebant. Iam vero coniectura omnis, in qua nititur divinatio, ingeniis hominum in multas aut diversas aut etiam contrarias partis saepe diducitur. Ut enim in causis iudicialibus alia coniectura est accusatoris, alia defensoris et tamen utriusque credibilis, sic in omnibus iis rebus quae coniectura investigari videntur anceps reperitur oratio. Quas autem res tum natura, tum casus adfert (nonnumquam etiam errorem creat similitudo), magna stultitia est earum rerum deos facere effectores, causas rerum non quaerere.
 
traduzione
 
55 Che giovamento arrecarono i prodigi e i loro interpreti agli spartani in quei tempi remoti, ai nostri poco tempo addietro? Se dobbiamo ritenerli segnali divini, perch? erano cos? oscuri? Se erano mandati dagli d?i perch? comprendessimo che cosa sarebbe successo, bisognava che le predizioni fossero chiare; oppure, se gli d?i non volevano che noi sapessimo, non dovevano mandarci nessun segno, nemmeno occulto. E in effetti ogni interpretazione, sulla quale la divinazione si basa, spesso dalle diverse mentalit? degli uomini ? trascinata in direzioni diverse o addirittura opposte. Come nei processi una ? l'interpretazione dell'accusatore, un'altra quella del difensore, e nondimeno entrambe sono plausibili, cos? in tutti gli argomenti che sembra si debbano investigare mediante interpretazioni congetturali si nota la possibilit? di discorsi dal significato ambiguo. D'altra parte, di fronte a eventi prodotti talvolta dalla natura, talaltra dal caso (e spesso anche la somiglianza tra effetti della natura e del caso ? fonte di errore), rivela una grande stoltezza chi li attribuisce all'azione degli d?i, senza ricercarne le cause.
 

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